A cura di Vanna Pina Delogu
La confraternita dei "Disciplinati Bianchi" e i riti pasquali
L’arciconfraternita di Santa Croce o dei Disciplinati Bianchi
L’antica confraternita di Santa Croce o dei Disciplinati Bianchi è citata nelle relazioni relative alle visite pastorali compiute nelle chiese della diocesi turritana dall’arcivescovo di Sassari monsignor Salvatore Alepus nel 1553 e nel 1555, in piena Controriforma.
I riferimenti al sodalizio, che appare già stabile in quell’epoca all’interno della chiesa di Sancti Nicolai, oggi conosciuta come chiesa di Santa Croce, situata nelle immediate vicinanze della parrocchia di San Pantaleo, dimostrano che la confraternita esercitava ormai da tempo la sua funzione assistenziale in favore della comunità, amministrando beni, consistenti in pensioni censuarie, fitti di case e terreni, oltre ai proventi delle questue che il priore soleva fare una volta alla settimana in tutto il paese.
Si può ipotizzare che l’istituzione della confraternita sia avvenuta sulla scia dei gruppi confraternali sassaresi, la cui attività, stando ad alcuni documenti d’archivio, potrebbe essere fatta risalire alla fine del Trecento. È probabile dunque che la città di Sassari, data la sua vicinanza, possa aver favorito sia a Sorso che nelle altre ville limitrofe la diffusione di dette cofrarìas.
Nelle domeniche e nei giorni festivi, la confraternita dei Disciplinati era tenuta, “per diritto e per dovere”, a far celebrare la messa all’interno della chiesa assegnata. L’espressione usata dal prelato: “jussum atque obligatum”, indica quasi certamente l’esistenza, a quel tempo, di uno statuto o di un regolamento che specificava le attribuzioni di questo sodalizio, prima ancora che la chiesa nella quale erano soliti radunarsi acquisisse la denominazione definitiva di “oratorio di Santa Croce”:
“Deinde dictus Dominus visitavit ecclesiam sancti Nicolai qui est satis prope de dicta ecclesia sancti Pantaleonis in qua singulis diebus dominicis et festivis per confrares disciplinatorum dicte ecclesie est jussum atque obligatum ut faciant e dicantur misse ibidem”
La relazione che riporta il resoconto delle visite pastorali mostra chiaramente come la confraternita di Santa Croce di Sorso fosse già, nel Cinquecento, un’associazione stabile e indipendente all’interno del suo oratorio, rispetto agli altri gruppi (opere) che animavano la vita della Pievania.
Il documento indica genericamente i fratres disciplinatorum ossia la confraternita dei Disciplinati Bianchi; in un altro punto del documento è riportata la notizia che il vescovo, nel dare le sue disposizioni per il corretto svolgimento delle varie attività religiose, aveva stabilito che l’operaio della confraternita di Santa Croce non potesse vendere candele in San Pantaleo, ma potesse solamente andare dentro a “darle” (non è chiaro se dovesse entrare per distribuirle ai fedeli o per consegnarle al Curato o ai rappresentanti delle associazioni di San Pantaleo) ma, in ogni caso, doveva sempre essere l’ultimo:
“Item si est ordinadu qui su oberaju de santa Rugue non potat vendere candelas in sanctu Pantaleo sino tandu solamente potat andare dintro a las dare, sed qui sempre siat su ultimu”.
Sembra di poter quindi affermare con un buon margine di sicurezza che l’oberaju de santa Rugue fosse un membro della confraternita dei Disciplinati che come già detto aveva la sua sede a San Nicola, e la sua attività di vendita di candele nella chiesa di San Pantaleo era forse vissuta dalle altre opere come uno sconfinamento, una prevaricazione, e perciò il suo comportamento venne ridimensionato dal vescovo.
Nel corso dei secoli, la regola comunitaria ha sempre prescritto per i confratelli la frequenza ai sacramenti, l’osservanza della legge di Dio e della Chiesa, l’esercizio delle opere di misericordia all’interno della comunione fraterna, la esemplarità assoluta della condotta, l’obbedienza alle autorità confraternali.
Durante l’arco dell’anno, era la famiglia del priore che teneva in ordine la chiesa di Santa Croce; i confratelli avevano l’obbligo di partecipare alla messa domenicale mattutina alle ore sette in quella chiesa, dove si tenevano, nei vari periodi dell’anno, le prove di canto.
Secondo la tradizione, ogni priore lasciava un segno tangibile nella chiesa a ricordo del suo mandato, che poteva riguardare la donazione di arredi sacri, soprattutto bandiere.
Con grande solennità venivano celebrate le feste dell’Invenzione dell’Esaltazione della croce (rispettivamente 3 maggio e 14 settembre) e, negli ultimi tre giorni di carnevale, le Quarant’ore con orazione panegirica. Ogni anno in questa chiesa veniva ricordata la festa di San Bonaventura da Bagnoregio, ministro generale dell’Ordine francescano, fondata dalla Signora Giuseppa Marogna Diaz.
Enorme era il concorso della folla alle celebrazioni della Settimana Santa.
Il Giovedì santo il parroco procedeva alla “lavanda dei piedi” nell’oratorio di Santa Croce. Erano di solito i confratelli a fungere da apostoli e nel pomeriggio a guidare in processione il Crocifisso per innalzarlo al centro dell’altare maggiore della chiesa parrocchiale di San Pantaleo. In quella giornata si legavano le campane in segno di lutto, le croci venivano velate e gli altari, privati degli ornamenti.
Quando le campane tacevano in segno di lutto, il suono della matracca, echeggiando per tutto il paese, scandiva le ore sia per annunciare le funzioni religiose, sia per richiamare l'attenzione dei fedeli al passaggio di una processione o per la questua.
Nella sera del Venerdì santo si svolgeva la funzione del “Discendimento” con due confratelli scelti e preparati per far rivivere la scena tragica dello schiodamento di Cristo dalla Croce. Il simulacro del Cristo morto veniva riposto entro un’urna lignea lavorata artisticamente e rivestita all’interno di lino candido e, tra canti e preghiere, veniva portata in processione per le vie del paese ed infine riposta nell’Oratorio di Santa Croce.
In passato, la Pasqua veniva festeggiata nella giornata del Sabato santo e questa anticipazione è durata fino agli ultimi anni Cinquanta del Novecento. Al mattino del sabato si “scioglievano” la campane dai legami messi la sera del Giovedì Santo, per l’annuncio della Resurrezione. Alle ore 10.00 si celebrava la messa solenne in parrocchia mentre il sabato sera il parroco usciva e, andando per le case a portare l’acqua benedetta, si trovava immancabilmente avvolto da un clima di festa poichè ogni famiglia era solita preparare i dolci tradizionali del periodo pasquale: formaggelle, tiricche, papassini, amaretti, biscotti e ciambelle. In seguito, con la riforma liturgica Conciliare, tutto è ritornato come alle origini ed il sabato ha ripreso il significato del giorno della meditazione e penitenza.
In occasione della Pasqua del 2007, la confraternita di Santa Croce di Sorso ha fatto nuovamente la sua apparizione dopo circa mezzo secolo dalla sua cessazione a causa di varie difficoltà: l’ultimo priore è stato Agostino Rosas.
Il primo priore, dopo la ricostituzione del sodalizio è stato Quirico Demelas, genero di Salvatore Lizzeri che a sua volta era stato confratello di Santa Croce fino alla chiusura del sodalizio intorno alla metà del Novecento.
Fonti:
Delogu Vanna Pina, La Parrocchia di San Pantaleone in Sorso. Dall’antica struttura dei camaldolesi all’opera del francescano Antonio Cano. Architettura, arredi, argenti ed associazionismo confraternale, Carlo Delfino editore, Sassari, maggio 2012. Cfr., Delogu Vanna Pina, La chiesa di Santa Croce in Sorso. Architettura e sacri arredi nella chiesa dei Disciplinati Bianchi, Documenta, Cargeghe, gennaio 2013.