Il villaggio medioevale di Géridu
Il villaggio medioevale di Géridu (o Gélithon, Jélithon) fu fondato, forse, intorno al 1100 su un preesistente insediamento romano; abbiamo notizia della sua esistenza dal Condaghe di San Pietro di Silki, che lo cita relativamente agli anni 1112 e 1129.
Nel 1320 contava 1.250 abitanti, contro i 213 di Sorso, i 140 di Sennori, i 90 di Tàniga e i 37 di Gènnor e Urùspe; questi sei villaggi costituivano la Curatorìa di Romangia, la più popolosa dell’isola. Nel 1324 il Re Alfonso IV d’Aragona lo diede in feudo a Guglielmo Oulomàr, concessione revocata per le proteste di Sassari. Tra il 1341 e il 1350 gli abitanti della villa si scontrarono, a causa delle decime, con la Santa Sede e l’Arcidiocesi di Tòrres; il collettore pontificio, Giovanni Amalrico, incassò dal rettore della chiesa di Sant’Andrea, Berengario Moscarola, 27 lire alfonsine nel 1341 e 30 nel 1345. Nel 1391, quando forse era già spopolato, Géridu fu infeudato a Galceràndo de Santa Colòma, insieme a Tàniga e Sorso.
Il villaggio, tornato alla luce grazie a indagini e scavi condotti a partire dagli anni Ottanta del Novecento dall’Università di Sassari, si estendeva per 9 ettari circa, su un’area collinare abitata anche in età anteriori al Medioevo, ricca d’acqua, oliveti, vigne, orti, frutteti e pascoli. Era costituito da case spaziose, divise da viottoli, da una chiesa con annesso cimitero e da un grande edificio (scoperto nel 1999) la cui destinazione non è stata ancora accertata.
Fintanto che fu abitato, Géridu godette di condizioni economiche agiate; lo attestano i reperti ceramici di provenienza spagnola, africana, toscana e ligure, oltre a resti ossei e attrezzi agricoli che testimoniano un allevamento e una agricoltura fiorenti, così come il commercio.
Il villaggio fu abbandonato definitivamente entro il 1427, allorché le sue terre furono cedute a Sassari. Da allora diventò una sorta di cava di materiale da costruzione: gli stipiti, le tegole, le pietre, il legname dei tetti, vennero recuperati e riutilizzati dagli abitanti delle zone circostanti.
Gli scavi archeologici più recenti, iniziati nel 1995, curati in particolare dal professor Marco Milanese, curatore e responsabile del museo Biddas, si sono basati su un’area di scavo di oltre 700 metri quadrati, forse il più grande cantiere didattico universitario in Italia.
Dai lavori sono emerse importanti indicazioni sulla topografia del villaggio, con l’identificazione di aree artigianali ancora da definire, e dei materiali impiegati per la costruzione degli edifici e degli arredi interni.